Qualcuno ha definito giusta
Il linguaggio è di tipo semi-automatico ed è pure apparenteme nte incapace di organizzare un discorso in superficie; una sorta di voce-getto-vomito che sale dai fondali dell’ID, profondo e umano. Le assonanze, come già ricordato, veicolano la musicalità (perfetto l’esempio di pagina 39 con: totale-verticale; mano, chiamo, piano; legame nto, nutrime nto).
Massari rimanda al proprio vissuto, al presente che vive, ma non usa gli oggetti e la lingua dell’”esterno al sé”. Egli, come già detto, affonda nel buco nero che squarcia il suo interno e travalica qualsiasi temperie storica e ambientale; si è (o ci fa essere) in una specie di realtà oltremondana, dove è naturale antropomorfizzare il mattino (che ha sete) o quant’altro gli sembri opportuno. Il libro è detto dei vivi, ma i protagonisti sono vivi nel mondo e nel linguaggio dei morti. (pagina 21: “Tu non sai quanta morte mi scampi/ogni volta con la mano e la fronte/che ti cerchi un riparo nel mio torace pesante//”). Un tale universo risulta essere altare di sangue e di infezioni; non dà sicurezza; si evoca da solo ed evoca la luce (la quale diventa persona e anche disillusione). Stefano vive alle radici dell’albero, all’interno cioè della polis vegetale, dove “costruire una casa con questa pelle di padre”. Ma, pagina dopo pagina, il mistero si allenta e ci fa segno di poterlo intendere, nel senso del passaggio del testimone, “da padre in figlio” appunto. Ovvero, il figlio che ha un proprio erede (un suo socio-sicario) presso cui essere dio o sottodio. Ritorna allora il fuoco e con esso la luce-verità. Da pagina 31 in poi ricorre l’acqua; tornano più nume rosi gli alberi probiviri di una società occulta; torna la nutrizione; si rime tte in pista l’eleme nto terra-madre, che introduce la catabasi (…nelle fosse, nelle tombe e tra le maglie avvolgenti di piccole morti quotidiane).
Come inquadrare questo libro di Stefano Massari?
Quali nobili padri dargli per coordinate?
Difficile dirlo.
Non credo vi siano antenati nel nostro Novecento italiano.
“Il libro dei vivi” parrebbe non avere padri.
O, perlome no, occorrerebbe cercare altrove: chessò, nel deserto del nord-Africa, o nel sangue, beato e maledetto, della bestia che ci è primate.