Passa ai contenuti principali
lettera di pierre lepori su 'diario del pane'
15 febbraio 2005

Caro Stefano,

Il libro è arrivato, l’ho letto d’un fiato e…

… e naturalmente sento tutta la vicinanza che puoi subodorare.

In principio (per principio?) ero disturbato dai puntini, ma ben presto mi sono accorto che funzionavano, avevano un senso profondo ritmico. E poi il libro mi ha trasportato, con quella forza strana che hanno i libri di poesia quando sanno essere un magnete. Non ho spiegazioni, non so davvero capire perché su certi libri mi addormento, su altri resto incollato (non c’è la scusa di una narrazione, come nel romanzo). Allora tento classificazioni, metto a punto segnaletiche. Preparati all’esercizio definitorio (e scusami in anticipo). Ecco quel che cerco/trovo, decalogo:

- Una poesia onesta, ma dopo Saba (che la formula la coniò nel 1912), vale a dire dopo Celan e dopo Adorno. Peggio: dell’invasione della guerra (vissuta o vista) nel quotidiano.

- Un libro come viaggio, non come raccolta di istanti, un sentiero (interroto). Non il versetto sfolgorante, ma il discorso (Guidacci)

- Un poeta che cammina, modesto ma non minimalista.

- Una cantabilità come accoglienza, calore, come un modo di usare la lingua per scavare, ma anche per lenire.

- Un umanesimo diffuso, non ideologico né saccente, in cui la poesia è uno spazio di vita indulgente, da condividere.

- Una lingua libera ma tendenzialmente colloquiale, con divaricazioni simboliche, motonimie e sinestesie: una lingua-corpo - diceva Laederach –giustificata dal di dentro. E senza effetti speciali.

- La responsabilità della parola di fronte al caos: in senso psicologico (Anzieu) e storico (Celan).

- Un rigore fisico (ascetico), rispetto per le cose e gli uomini (Szynborska).

- Una responsabilità civica: prima di tutto uomini.

- Un’adesione alla propria storia, alla propria natura, al proprio corpo. Ognuno solitario, solo, c’è poco da fare.


Tutto questo è molto teorico, un po’ astratto. Ma non so spiegarmi altri
menti, oppure dicendo che le stesse cose si riassumono per me nei nomi dei poeti: Fabio Pusterla, Antonella Anedda, Stefano Raimondi, Giancarlo.

Scusa, sono stato pretenzioso, ma ho in effetti l’impressione di una comprensione profonda, comunque inspiegabile. Avrei tante cose ancora da dire (conosci Lalli, cantautrice che pubblica per l’etichetta del Manifesto?), ma anche un bel silenzio di comunione, dunque mi fermo qui. E ti ringrazio. E ti abbraccio


Pierre

Commenti

Post popolari in questo blog

da mimmo cangiano per libro dei vivi Bravo Stefano, davvero un bel libro, sei andato avanti, (e questo era fondamentale), spero che molti se ne accorgano, quando il libro uscirà, della diversità radicale rispetto a Diario del pane. La carnalità che già era presente è qui molto accentuata, l'impersonalità è quasi scomparsa del tutto, ma anche l'utilizzo dell'Io diminuisce, è un libro del TU, un Tu multiplo impersonato in primo luogo dalla tua famiglia, anche se in questo non c'è nulla di "quotidiano" e non c'è nulla di quotidiano perchè, a mio parere, non c'è nulla di nichilistico. Mi verrebbe quasi da dire che hai scritto un libro al "femminile", ma non nel senso mero di poesia del corpo, nel senso invece che la figura sulla scena (un grande ventre) prende tutto lo spazio, o quasi. Continuo a dire Saba, per quanto assurdo continuo a dirlo: (ma chi mi capirà?) "il mio pensiero farsi più puro dove più turpe è la via". Purezza, moralit...
  Il “diluvio” in versi di Massari  in un mondo ormai senza speranza DI  MATTEO FANTUZZI il-diluvio-in-versi-di-massari-in-un-mondo-ormai-senza-speranza Con  Macchine del diluvio  Stefano Massari ritorna alla poesia dopo oltre dieci anni dall’ultimo libro. E’ un ritorno atteso per uno degli autori che più ha saputo intersecare poesia, video, arte e vita nella propria opera ottenendo, non solo dal punto di vista sostanziale ma anche dal punto di vista formale, un unicum riconoscibile nella nostra letteratura.  Macchine del diluvio  ripropone lo straniamento della nostra società, quello manifesto della cronaca che possiamo ogni giorno vedere anche solo scorrendo le prime pagine dei quotidiani. Ma è uno straniamento che ha radici profonde, come il lavoro di Massari che proviene dall’inizio degli anni Dieci e che non segue dunque una contingenza come altri autori di generazioni più recenti sembrano sottolineare. Massari inserisce la prospettiva privata all...
MACCHINE DEL DILUVIO  nota di MARCO MOLINARI  su La Voce di Mantova