È stata una sorpresa superiore alle attese, la lettura di Diario del pane di Stefano Massari. La perseguita, esplicita "non intenzione" di dialettica argome ntativa (Alberto Bertoni), attraverso la quale l’autore conduce la propria ricerca sulla scrittura inchiodando i periodi tra due punti fermi, in secche imm agini di forte simbolicità, ha ai miei occhi, invece, il valore – tipi co di un’intera generazione: la nostra – di (tentare di) dare alla parola (e alla parola poetica) un’attendibilità reale, verificabile, autenticame nte attendibile; quasi un calco perfetto del sentire (le cose, se stessi, gli altri, la stessa vita, la voce).
I lacerti straniati che Massari lascia affiorare, all’interno degli ipogramm i, divisi dall’utilizzo del punto, si ricompongono e sviluppano (uno nell’altro, uno dall’altro) trovando una singolare unità nei simboli cui frequenteme nte Massari ricorre, richiamandoli sovente, in quello che si rivela essere, man mano che la lettura si snoda, un poeme tto circolare di grande forza gnomica e morale.
Anzitutto, una prossimità a certo universo pagnanelliano: la confidenza coi morti, l’eleme nto liquido, l’imm agine della donna (compagna e madre), l’assenza di ogni retorica; come pure a certe soluzioni della sanguinetiana Erotopaegnia:
vento . vento nero . e ossa bambine del cielo . riposano qui . nel cristo .
nel sasso . nel mare intero . che perdo la vita scavando il tuo sesso .
coltivando l’unghia e l’urlo . per un destino diverso .
La cosmogonia massariana, infinitesima come universale, dal sasso al mare intero, dall’unghia all’urlo, sempre riconduce alla vita (e alla sua perdita).
Quante volte, anche nelle poesie di Pagnanelli, appare il riferime nto alla madre/vita in relazione all’acqua, all’umidore, alla bocca (e parime nti in Massari: piove su ogni viso; gli allarmi di urina sui muri; una madre che spera . e sotterra i miei sputi; bevo la saliva scura dei morti, etc.). Ma anche il riferime nto alla madre/terra (che si può scavare come il sesso femm inile, nel coito; in quello che è un con-fondersi ed anche, però, un annullarsi nell’altro: e sempre, comunque, nell’umidore di un antro):
non vuoi più vivere . o vuoi un sorriso bianco come il latte del mattino .
vuoi giorni come fiumi in piena contro le tue torri d’avvistame nto .
vuoi due labbra calde sulla tua terra . battezzami . damm i la tua saliva .
vento . vento nero . e ossa bambine del cielo . riposano qui . nel cristo .
nel sasso . nel mare intero . che perdo la vita scavando il tuo sesso .
coltivando l’unghia e l’urlo . per un destino diverso .
La cosmogonia massariana, infinitesima co
Quante volte, anche nelle poesie di Pagnanelli, appare il riferi
non vuoi più vivere . o vuoi un sorriso bianco co
vuoi giorni co
vuoi due labbra calde sulla tua terra . battezzami . da
Massari, attraverso l’i
resto solo . davanti al tuo riposo . a labbra aperte .
con le mani che non sanno costruire niente .
scrive in quella che resta co
tre fiori bianchi e la salvezza .
la sete cattiva dentro queste case . sulla terra dura e lenta .
verso te .
O ancora, e ancor più esaustiva
bevo la saliva scura dei morti . e mi canta il sangue . la sentinella nera .
e il loro silenzio che ha sete .
fino alla preghiera che chiude il poe
prego ora . per un tempo di luce . sopra l’urlo tuo . appeso al labbro .
prego di restare vivo . dopo il tuo deserto .
prego la terra che ci muore addosso . ancora un altro anno .
altro ferro dentro il pugno .
ancora un canto .