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filippo davoli su 'diario del pane'



È stata una sorpresa superiore alle attese, la lettura di Diario del pane di Stefano Massari. La perseguita, esplicita "non intenzione" di dialettica argomentativa (Alberto Bertoni), attraverso la quale l’autore conduce la propria ricerca sulla scrittura inchiodando i periodi tra due punti fermi, in secche immagini di forte simbolicità, ha ai miei occhi, invece, il valore – tipico di un’intera generazione: la nostra – di (tentare di) dare alla parola (e alla parola poetica) un’attendibilità reale, verificabile, autenticamente attendibile; quasi un calco perfetto del sentire (le cose, se stessi, gli altri, la stessa vita, la voce).
I lacerti straniati che Massari lascia affiorare, all’interno degli ipogrammi, divisi dall’utilizzo del punto, si ricompongono e sviluppano (uno nell’altro, uno dall’altro) trovando una singolare unità nei simboli cui frequentemente Massari ricorre, richiamandoli sovente, in quello che si rivela essere, man mano che la lettura si snoda, un poemetto circolare di grande forza gnomica e morale.
Anzitutto, una prossimità a certo universo pagnanelliano: la confidenza coi morti, l’elemento liquido, l’immagine della donna (compagna e madre), l’assenza di ogni retorica; come pure a certe soluzioni della sanguinetiana Erotopaegnia:

vento . vento nero . e ossa bambine del cielo . riposano qui . nel cristo .
nel sasso . nel mare intero . che perdo la vita scavando il tuo sesso .
coltivando l’unghia e l’urlo . per un destino diverso .
La cosmogonia massariana, infinitesima come universale, dal sasso al mare intero, dall’unghia all’urlo, sempre riconduce alla vita (e alla sua perdita).
Quante volte, anche nelle poesie di Pagnanelli, appare il riferi
mento alla madre/vita in relazione all’acqua, all’umidore, alla bocca (e parimenti in Massari: piove su ogni viso; gli allarmi di urina sui muri; una madre che spera . e sotterra i miei sputi; bevo la saliva scura dei morti, etc.). Ma anche il riferimento alla madre/terra (che si può scavare come il sesso femminile, nel coito; in quello che è un con-fondersi ed anche, però, un annullarsi nell’altro: e sempre, comunque, nell’umidore di un antro):

non vuoi più vivere . o vuoi un sorriso bianco co
me il latte del mattino .
vuoi giorni come fiumi in piena contro le tue torri d’avvistamento .
vuoi due labbra calde sulla tua terra . battezzami . dammi la tua saliva .

Massari, attraverso l’immagine del sorriso bianco come il latte, rafforzata dalla volontà del battesimo/rinascita (nell’acqua) e confortata da la saliva: il cui rimando simbolico – al filo di congiungimento/comunicazione da un lato; e all’utero/bocca da cui si origina mescolandosi alla parola dall’altro – la dice lunga sulla portata di questa poesia che nudamente, garbatamente, alza il suo lapidario asciuttissimo urlo:

resto solo . davanti al tuo riposo . a labbra aperte .
con le mani che non sanno costruire niente .

scrive in quella che resta co
me una bella dichiarazione di poetica: ritornando a un’immagine a me cara, illuminatami da un bello scritto di Giovanni Piana di Filosofia della musica, il suono della voce nasce dall’incontro tra un vuoto (ancora la bocca) e un soffio (il flatus vitae) che lo percorre e attraversa: il poeta/cavità all’ascolto del proprio respiro lascia che dal proprio vuoto si origini il suono della parola: poesia, per così dire, come un agire in cui si può solamente essere agiti (con le mani che non sanno costruire niente), essendo disponibili (a labbra aperte) a che l’incontro nel silenzioso ascolto/sete (altro elemento che spesso ricorre nelle poesie di Stefano) si dia:

tre fiori bianchi e la salvezza .
la sete cattiva dentro queste case . sulla terra dura e lenta .
verso te .

O ancora, e ancor più esaustiva
mente:

bevo la saliva scura dei morti . e mi canta il sangue . la sentinella nera .
e il loro silenzio che ha sete .

fino alla preghiera che chiude il poemetto, aprendone le parole alla desiderata stabilità della luce, perché sorpassi il dolore:
prego ora . per un tempo di luce . sopra l’urlo tuo . appeso al labbro .
prego di restare vivo . dopo il tuo deserto .
prego la terra che ci muore addosso . ancora un altro anno .
altro ferro dentro il pugno .
ancora un canto .

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