Passa ai contenuti principali

Nove frammenti per il Libro dei vivi di Marco Ercolani


1.
Il Libro dei vivi di Stefano Massari vanifica la sottile linea di confine tra prosa e poesia proponendo un canto ininterrotto e fra
mmentario, un “basso continuo” che obbliga il lettore a trattenere il fiato, non consentendogli di definire la materia percepita.
2.
Il Libro dei vivi è una lunga ballad, una sovversiva preghiera che ridiscute e ri
mette in campo la natura stessa di “libro”, attuando una scrittura nomadica dove si concentrano azioni civili ed energie interiori - scrittura dove i versi, pur restando chiusi nella riga, sembrano mozzati o sul punto di esplodere. “Pronte le tombe coi nervi bambini pronta la bocca del crollo”.
3.
Il Libro dei vivi è un atto liturgico laico dove i poeti sono protagonisti necessari del rito della poesia, da Giorgio Caproni a Christine Koschel, da Milo de Angelis a Nadia Campana. Nell’ideale comunità dei “senza comunità”, nel sempre vivo inferno dei “fuori-tempo” e dei “fuori-canto”, la voce dei non più presenti diventa l’ineludibile presenza che giustifica la voce dei testimoni vivi. “la schiena sua fonda / contro quella dei morti / che torna che fa male”.
4.
Il Libro dei vivi è letteral
mente ciò che il titolo del libro promette: una parola-fiaccola che “tocca le cose dall’altro lato” (Garcia Lorca), nutrimento continuo fra morti e vivi, affinché i primi non siano mai del tutto rimossi, con il patrimonio delle loro emozioni e delle loro opere, e i secondi mai del tutto sicuri, benché provino emozioni simili e scrivano opere analoghe. La voce del poeta, circolando fra le macerie, considera il crollo dell’esistente come struttura fondante di un “io universo intero”.
5.
Il Libro dei vivi - stenografia di versi-prose che esprimono lo strazio e la rinascita dell’uomo attraverso la parola - è la necessità di farsi pervadere dal dolore fino al punto in cui sarà indispensabile ripensare la via, non maestra, che lo trasformi senza rimuoverlo. La “maledetta maceria d’erba”, i “lacci duri”, “le mani dell’ucciso” sono anche “ogni terra che abito ogni vita che tocco”.
6.
Il Libro dei vivi non tenta un’improbabile prosa poetica nella quale ricapitolare estetiche espressioniste o prevedibili trenodie sul conflitto vita/morte. Neppure si sotto
mette allo smalto e alla retorica degli “a capo” con cui la poesia tronca il suo discorso nella pagina. Vuole essere poesia-frammento, nastro che si svolge e riavvolge, pentagramma di suoni avvertiti come gioie elementari ed elementari disperazioni. Scrive Meister Eckart: “Ci sono persone che vanno in mare con un piccolo vento e lo traversano. Il mare non è una superficie. È, dall’alto in basso, abisso. Se vuoi traversare il mare, naufraga”.
7.
A epigrafe di una breve poesia di Angelo Scandurra, poeta siciliano contemporaneo, letto per caso nella biblioteca dell’ex monastero francescano di Saorge, c’è questa breve poesia, opera dell’autore stesso: “a tutti i bambini torturati / da esseri che assomigliano a Dio”. Epigrafe non estranea, nello spirito, allo spirito del libro di Massari .
8.
Ognuno di noi, più che sottostare alle sacre leggi di qualche esoterico Libro dei Morti, non fa che scrivere, incessante
mente e nei modi più diversi, il suo autentico Libro dei vivi, in una volontà sempre disobbediente e mai placata di metamorfosi. Metamorfosi non come desiderio di forme nuove ma come impulso a scavare aperture in pareti impossibili, in gallerie murate. “Ora che il tuo corpo è un secolo chiuso togli le mani dal viso tienile aperte”.
9.
Scrive Pascal Quignard: “Colui che scrive è questo mistero: un parlante che ascolta”. Stefano Massari, da “parlante che ascolta”, si sottrae alla maschera del poeta contemporaneo – che, parafrasando Quignard, è uno “scrivente che non parla”.

Post popolari in questo blog

da mimmo cangiano per libro dei vivi Bravo Stefano, davvero un bel libro, sei andato avanti, (e questo era fondamentale), spero che molti se ne accorgano, quando il libro uscirà, della diversità radicale rispetto a Diario del pane. La carnalità che già era presente è qui molto accentuata, l'impersonalità è quasi scomparsa del tutto, ma anche l'utilizzo dell'Io diminuisce, è un libro del TU, un Tu multiplo impersonato in primo luogo dalla tua famiglia, anche se in questo non c'è nulla di "quotidiano" e non c'è nulla di quotidiano perchè, a mio parere, non c'è nulla di nichilistico. Mi verrebbe quasi da dire che hai scritto un libro al "femminile", ma non nel senso mero di poesia del corpo, nel senso invece che la figura sulla scena (un grande ventre) prende tutto lo spazio, o quasi. Continuo a dire Saba, per quanto assurdo continuo a dirlo: (ma chi mi capirà?) "il mio pensiero farsi più puro dove più turpe è la via". Purezza, moralit...
MACCHINE DEL DILUVIO  nota di MARCO MOLINARI  su La Voce di Mantova
  Il “diluvio” in versi di Massari  in un mondo ormai senza speranza DI  MATTEO FANTUZZI il-diluvio-in-versi-di-massari-in-un-mondo-ormai-senza-speranza Con  Macchine del diluvio  Stefano Massari ritorna alla poesia dopo oltre dieci anni dall’ultimo libro. E’ un ritorno atteso per uno degli autori che più ha saputo intersecare poesia, video, arte e vita nella propria opera ottenendo, non solo dal punto di vista sostanziale ma anche dal punto di vista formale, un unicum riconoscibile nella nostra letteratura.  Macchine del diluvio  ripropone lo straniamento della nostra società, quello manifesto della cronaca che possiamo ogni giorno vedere anche solo scorrendo le prime pagine dei quotidiani. Ma è uno straniamento che ha radici profonde, come il lavoro di Massari che proviene dall’inizio degli anni Dieci e che non segue dunque una contingenza come altri autori di generazioni più recenti sembrano sottolineare. Massari inserisce la prospettiva privata all...