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recensione a libro dei vivi di Claudio Di Scalzo



Leggendo questi versi, capitombolando da un frammento all’altro, anche sorpreso dall’arditezza delle metafore e dalla scansione aforistica portata per sua natura ad incidere le pupille di chi legge, ho capito che la suggestione, ma direi seduzione subita nella lettura, stava nella considerazione che sapendo Massari, il poeta, cresciuto con i video e sul web,

(è tra i fondatori di FuoriCasaPoesia e ne cura il bollettino mail-magazine di poesia e critica letteraria www.fuoricasapoesia.blogspot.com) scoprivo – in una tarda serata estiva in Valchiavenna – un andamento sapienziale dettato dall’incrociarsi di antichità, tradizione detto meglio, e novità. Il Libro dei vivi, dove ovviamente trapela il rimando alla tibetana altitudine e alle sue pagine, è allora un libro che mi appare mistico, intriso di quel sacro che soltanto la modernità telematica può riproporre oltre il tradizionalismo reazionario, perché si nutre di immagini, di spezzoni oracolari, e di commistioni dei diversi vizi e virtù direttamente scarnificati nel corpo di un secolo agnostico o al più miscredente. In questa poesia c’è la torsione, a volte con un eccesso di manierismo, del sacro verso esiti non millenaristici, ma giornalieri, come se la fine del tempo fosse già avvenuta e gli empiti didascalici per la salvezza: un po’ come certo francescanesimo che tuonava sotto le volte di cappelle romaniche, si svolgono del deserto della cultura È possibile oggi ripetere il linguaggio profetico che scosse le vene ai Blake e ai Christopher Smart con i loro Agnus Dei figlianti precoci visioni? Penso di sì. Ottenere il massimo di visibilità non più nell’affresco medievaleggiante ma sulla rete e insieme il massimo di oscurità perché il sacro si restringe quando più conti di afferrarlo. Come certe ombre raccontate dal poeta.

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PER “MACCHINE DEL DILUVIO”.  Stefano Massari 1 APRILE 2022  ~  ADMIN A Stefano di MARCO ERCOLANI  per-macchine-del-diluvio Osip Mandel’štam consigliava: «Distruggete i manoscritti, ma conservate ciò che avete tracciato a margine, per noia, per disperazione, come in sogno», Quella scrittura “tracciata a margine” e segnalata dal poeta russo, svincolata dalle convenzioni e sospesa tra estrosità del segno e imprevedibilità del senso, appartiene alle scritture non canoniche, che non vogliono essere definite come romanzi ,  racconti, raccolte poetiche: sono “scritture-schizzo”, dove l’artista prova i suoi sogni, abbozza le sue mappe mentali. A questo genere di scrittura sento che appartiene il tuo ultimo libro di versi,  Macchine del diluvio , pubblicato nel 2022 dalla collana “Insetti” a cura di Pasquale di Palmo, alla distanza di tredici anni dal tuo  Serie del ritorno.  Cosa posso dirti, Stefano, al di là della prevedibile gioia di tornare a leggere i tuoi versi? Solo questo: chi  cade  n
Ancora non sai cosa vuole la morte da te La poesia di Stefano Massari  MARCO MOLINARI  5 Dicembre 2022 Del diluvio universale raccontato nella  Genesi  si tende a porre in evidenza l’aspetto della salvezza, l’arca dell’alleanza con la quale Noè, uomo giusto, ha messo in salvo il genere umano e gli animali che poterono riprodursi e avviare una nuova creazione. Rimane in ombra la causa del diluvio, la volontà di Dio di distruggere ogni uomo, farlo perire:  E Dio disse a Noè: “Nei miei decreti, la fine di ogni essere vivente è giunta; poiché la terra è piena di violenza a causa degli uomini; ecco, io li distruggerò, insieme con la terra. ” (Genesi 6, 13). Vi sono poeti che hanno deciso di fare i conti con questo impietoso retaggio, rendendolo oggetto di un serrato faccia a faccia. È il caso della raccolta di Stefano Massari,  Macchine del diluvio , pubblicata da MC edizioni. Massari vive a Bologna e ha alle spalle alcune precedenti raccolte, nonché un intenso lavoro su progetti sviluppati
I morti li portiamo in bocca»:  recensione a "Macchine del diluvio"  di Stefano Massari a cura di Alessandro Pertosa https://www.almapoesia.it/post/i-morti-ce-li-portiamo-in-bocca-recensione-a-macchine-del-diluvio-di-stefano-massari Inchiostro   di   fuoco   in   una   mano;   penna-spada   scintillante   nell’altra:   Stefano   Massari,   con   Macchine   del   diluvio   (MC   edizioni,   2022),   è   un   funambolo   su   un   filo   troppo   delicato   che   si   spezza.   Sferra   l’assalto   al   cielo,   mentre   cade   e   sprofonda   nel   cuore   cavo   della   morte,   in   quella   voragine   famelica   e   originaria   che   inghiotte   la   vita. In   lui   si   percepisce   subito   il   desiderio   irrefrenabile   di   infilare   lo   sguardo   fin   nel   proibito;   di   illuminare   il   buio,   di   spingersi   dentro   il   segreto   dell’universo,   nel   punto   più   oscuro,   lì   proprio   dove   la   ferita   si   slabbra   in   un   gorgo   senza