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Su libro dei vivi in sette movimenti di mimmo cangiano



0)La parola è parte integrante del processo della vita, come la nascita, la resistenza è parte integrante della vita stessa, se questa vuole davvero essere chiamata vita. La parola è resistenza. Questo è un libro di speranza, la speranza vive nel potere del “fissare”, del non dimenticare, volti, cose e persone, la nostra personalissima vicenda si fa Storia e la storia è ininterrotta, se tutto finisce, tutto è destinato a ricominciare, è il “movimento” il vero protagonista.
1)La vicenda civile si fa vicenda personale, ciò che siamo, ciò che facciamo è elemento fondante anche del nostro “rimanere fedeli alla terra”, come ne è parte il nostro impegno di difesa, anche il dolore ne è parte, ne è parte il sangue. E’ nel fare la risposta, nello scrivere-vivere, non nell’abbandono, anzi bisogna prendere possesso della realtà, la realtà va reinventata, bisogna compiere le speranze del passato. La prima persona, unico modo in cui la storia può oggi essere vissuta è addentro al reale con il proprio carico etico di responsabilità: “…la poesia non nasce dallo sforzo del parlare solo è il bisogno di parlare a una sedia vuota” (Luis Garcia Montero), la poesia è uno spazio morale.
2)Scacco e fallimento: l’io riflette sulla propria intimità e infermità, da qui prende le mosse del racconto, esprime la propria personalissima verità, meglio, dà forma alla propria personalissima verità, ordina le proprie esperienze. Persi i fondamenti metafisici e storici il poeta ricostruisce a partire da sé, da ciò che avverte come proprio spazio d’azione, da ciò che fa e considera “una cosa vera”. (A titolo personale eliminerei la poesia numero 10, troppo ancorata a Diario del pane)
3)La parole hanno un ritmo spezzato, istintuale, terroso. La caccia è processo naturale, la volpe si trova nella condizione (come tutti) di cacciato e cacciatore.
Ha scritto Heidegger: "La trasposizione della parola vivente, vibrante, nella rigidità di una sequenza di segni fissata in modo univoco, meccanico, sarebbe la morte della lingua, il congelamento e la desolazione dell'esistenza". (Altro titolo personale un po’ingenuo: le poesie di questa sezione sono meravigliose, c’è una forte presenza della tradizione: Caproni? (14) Leopardi, Dante? (15)).
4)Il Tu è corporea identificazione di possibilità e speranza, l’io vi si appoggia come a una madre e ad una figlia, ama, chiede vita, trova salvezza. Alla presenza del Tu il poeta non avverte l’implacabilità dello scorrere del tempo, il ritmo stesso si fa circolare, la morte diventa attesa di una nascita nuova: “aspetto il giorno che moriremo stanchi e calmi vicini chini a sperare a combattere come fossimo figli ancora nudi affamati come fossimo nati”.
5)Si parla a qualcuno che tace. Non possiamo esistere senza memoria, non possiamo essere docili. E’il monento, per dirla in senso esistenziale con Luzi e in un senso più civile con Vittorio Sereni, del “fino a quando?”. Fin dove è possibile arrivare prima che scoppi la rivolta? “la terra ha fame” fa da monito.
6) “Nel mondo non lottano più forze umane, ma telluriche. Se mi pongono su una bilancia il risultato di questa lotta, in un piatto il tuo dolore e il tuo sacrificio, e in un altro la giustizia per tutti, pur con l'angoscia di un futuro che si pronostica, ma non si conosce, io su quest'ultimo piatto batto il pugno con tutta la mia forza". (F. Garcia Lorca)

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