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Il “diluvio” in versi di Massari 
in un mondo ormai senza speranza

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Con Macchine del diluvio Stefano Massari ritorna alla poesia dopo oltre dieci anni dall’ultimo libro. E’ un ritorno atteso per uno degli autori che più ha saputo intersecare poesia, video, arte e vita nella propria opera ottenendo, non solo dal punto di vista sostanziale ma anche dal punto di vista formale, un unicum riconoscibile nella nostra letteratura. Macchine del diluvio ripropone lo straniamento della nostra società, quello manifesto della cronaca che possiamo ogni giorno vedere anche solo scorrendo le prime pagine dei quotidiani. Ma è uno straniamento che ha radici profonde, come il lavoro di Massari che proviene dall’inizio degli anni Dieci e che non segue dunque una contingenza come altri autori di generazioni più recenti sembrano sottolineare. Massari inserisce la prospettiva privata all’interno di una dinamica collettiva senza per questo ottenere una visione o un sentimento comune ma andando a sottolineare una disforia privata complessiva. L’esito è l’impossibilità del singolo ad inserirsi all’interno di un mondo che ha tratti evidenti di solitudine e solipsismo.

[chiunque tu sia perduto dio incompiuta bestia / divisa in due straziata abbandonata sul lato buio / della strada in festa prendi questa città gloriosa / prendila intera]

L’uomo bestia è assieme all’uomo artificiale l’unico in grado di sopravvivere all’interno di un mondo così drammaticamente e velocemente cambiato. E’ questa l’impressione che si ricava ad esempio visitando la Biennale d’Arte di Venezia attualmente in corso, curata per la prima volta nei suoi 127 anni di vita da una donna italiana Cecilia Alemani che perfettamente riesce nell’impresa di rendere questo periodo di piena transizione ospitando l’opera di Diego Marcon del 2021 intitolata The Parents’ Room coprodotto da INCURVA e Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee – Museo Madre di Napoli. Opera che sulle note di un coro porta in scena un monologo che gravita attorno al racconto di un padre sulla propria furia omicida contro la moglie e i due figli mentre i protagonisti abitano la scena vestendo i lineamenti con protesi sintetiche in un effetto straniante che possiamo ritrovare nello stesso Stefano Massari.

[mater bianchissima e sola sul confine / nei cortili dove restiamo muti lontani / gli uni dagli altri tra le pianure di queste case / e animali della buona sorte avvolti ai fianchi / e stanchi sull’abisso con un volto vecchio / tenuto tra le mani e il pianto improvviso / come una frusta sulle gole sorelle immemorabili / che non smettono di baciare sulla bocca / il padre morto come un talismano]

Questo percorso tra arti differenti, poesia e video, ci restituisce alcune delle caratteristiche fondamentali del lavoro di Massari: l’idea di una lenta decomposizione naturale, di una mancata sostituzione attraverso gli strumenti che oggi vengono dati per possibili. Leggendo questi testi l’idea è che le soluzioni per l’evoluzione possibile della specie umana non solo siano sbagliate ma assumano addirittura caratteri e connotati di un collettivo auto-sabotaggio. Può l’uomo, lasciato solo e non più in armonia con la natura, sopravvivere? Da quanto emerge da questo libro e più in generale da molta cultura e arte contemporanea ad esempio pare di no.

Ci troviamo di fronte a un vero grido di allarme, uno scenario né fascinoso, né suggestivo, nemmeno così innovativo, se ci avviciniamo ad esempio ai racconti di William Burroughs o al cinema di David Cronenberg, ma il monito esiste e bandita qualsiasi armonia, come sottolinea Pasquale di Palmo nell’introduzione, a noi non resta che ipotizzare una via diversa. Questo perché come in una corda sempre più sfilacciata la nostra tenuta complessiva sembra oramai mancare. Una possibile resurrezione laica non pare all’orizzonte, anzi una nuova ridefinizione è pronta a portarci verso nuovi abissi dentro cui sprofondare. Forse è per questo che chiediamo all’arte, alla scrittura e alla poesia di portarci nei passaggi più profondi di noi stessi, perché sarebbe difficile, diversamente, addentrarci.

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