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Stefano Massari,  SERIE DEL RITORNO , La Vita Felice 2009 Tutto avviene sul bordo dei pozzi .      Sono in bilico, infatti, le parole di questo libro, sospese tra il grido del compito e il silenzio definitivo senza scampo, – il problema di ogni arte è, incontestabilmente, la sua forma. L’arte, quindi, è compito –      Così ogni poeta si riconosce dal tono, dalle variazioni, dalle sue ossessioni, dai suoi strumenti per vivere. Nel procedere, infatti, nel continuare a scrivere, a furia di piccole incisioni, smottamenti, le parole si affilano, dicono meglio. E’ il momento in cui un’arte raggiunge la sua semplicità e si sottrae finalmente al tempo, al martirio dei suoi parassiti.      Quando si ferma, però, la parola scopre di non essere mai stata veramente indispensabile alla vita. La vita non è cambiata, nulla è cambiato, o ci ha cambiato. Le parole hanno detto, immerse nelle immagini del mondo, nel compito del costruire qualcosa, del porgerlo a qualcuno:  se non credi alla parola del mo
Serie del ritorno  Bisogna leggere questi versi. Hanno un’urgenza mortale, hanno la tensione di chi compie un atto decisivo, un atto oscuro e antico dove si intrecciano salvezza e catastrofe. Bisogna credere, letteralmente, a ognuna di queste parole. Portano con sé un urlo, ce l’hanno addosso, sono infestate dall’urlo dei morti. Perché questo è un libro scritto vicino alla morte. Con improvvise rinascite, barlumi, terre felici. La morte sembra dettarlo a viva voce. L’addio è incessante. La parola è tempestosa. Chiede, invoca, comanda, crolla. Tutto avviene sul bordo dei pozzi. Una minaccia ignota la insegue, la spinge nelle vie buie del mondo e della mente, come in certe pagine russe, dove l’assoluto si sfiora nel grido e nella bestemmia, come in certe imprecazioni notturne dei Karamazov, dove l’assassino più infame legge nelle linee della mano una strana pietà.  Qui tutto è percussivo, febbrile, incessante, forsennato (“io non so ringraziare a parole / solo smetto di colpire”), ci tra

recensione di massimo orgiazzi al libro dei vivi

La poesia è liberazione per Massari e lo si capisce, se ne ha una conferma leggendo questo suo ultimo libro in ordine di tempo, edito da Book nella collana Fuoricasa diretta da Alberto Bertoni. Se Elio Pagliarani proponeva una funzione igienica della poesia sul linguaggio, con il compito di mantenere quest’ultimo efficiente, Stefano Massari non ha propensione per la parola intatta:

recensione di Sergio Rotino al libro dei vivi

Romano, ma da anni attivo a Bologna dove risiede per lavoro, Stefano Massari arriva alla seconda raccolta poetica proponendo con Libro dei vivi – edito nella sempre interessante collana “Fuori casa” curata da Alberto Bertoni – una sorta di “protoromanzo in versi” di grande tensione espressiva. Le pre me sse erano in buona parte già racchiuse nella sua prova d’esordio, quel Diario del pane pubblicato da Raffaelli editore nel 2003, che lo aveva visto definire con buona precisione il peri me tro del suo lavoro:

recensione di Stefano Guglielmin al libro dei vivi

Il Libro dei vivi di Stefano Massari me tte in scena una voce narrante sorella dei beckettiani Estragone e Vladimiro, una voce-calice offerta in sacrificio per tutti a testimoniare l’inautenticità del tempo corrente, fiu me in perpetua guerra senza creazione: solo nel ‹‹primo / feroce lega me nto››

Recensione di Manuele Masini al libro dei vivi

Un libro in costante ossimoro fin dal suo tito lo, evidente rimando, lecito supporre, a quello egizio, ma anche a tutta una tradizione trasversale, è questo libro dei vivi di Stefano Massari. Una prova di talento e una capacità compositiva davvero notevoli. Il volume ha una precisa struttura interna che va dalle sezioni (molto spesso denominate non a caso "serie"), all'opposizione tra testo in corsivo e in stampatello, dal citazionismo sempre dialogante, all'intertestualità. Anche l'affettuosa dedica finale costituisce un evidente paratesto integrabile nel discorso/decorso di quest'operetta da leggere tutta in una volta, ma da meditare poi con pazienti riletture. Difficile affrontare i temi che si liberano in un corpo testuale molto lavorato, soprattutto a livello di prosodia, percorso materico di un linguaggio che non offre facili racconti e in cui lo spazio in bianco gioca un ruolo importante e offre una possibilità di lettura aperta dall'ambiguità sinta

lettura intorno al libro dei vivi di Pier Damiano Ori

Chissà perché mi sono convinto che uno dei modi più legittimi e anche divertenti per impadronirsi, in quanto lettori-autori, di un libro di poesia sia quello di rinvenire i passaggi di parole, i grani di parole che il poeta propone in una determinata e propria sequenza e che il lettore, se disposto, dispone nella sua. La poesia, quindi come anche proposta, magazzino di materiali. Materiali a disposizione che però è l’intenzione iniziale, aurorale, autorale, a rendere disponibili alle diverse combinazioni. Senza costruzione non c’è decostruzione. Senza progetto non c’è appropriazione. E’ la grana delle parole, la loro materialità che cerco nella poesia di oggi. Quella poesia che oggi vuole tornare a combinare un patto col lettore, un senso condiviso: allora io la desidero densa e malleabile allo stesso tempo. Mia e sua. Spostabile ma pesante: ne voglio sentire l’ingombro e il fiato,voglio materia da lavorare. Oggi alla poesia non chiedo più solo senso, voglio peso, voglio il con